L’ urbanistica fiorentina: tra artificio e natura

<<Il secondo periodo fiorentino

Il desiderio di dare una forte connotazione medicea all’ urbanistica fiorentina si espresse anche nella costruzione di numerose ville sui colli attorno alla città, che rappresentavano una sorta di prosecuzione del programma edilizio iniziato con Cosimo il Vecchio e Lorenzo il Magnifico.Esempio lampante è l’acquisto da parte dei Medici di Palazzo Pitti nel 1550, antica residenza della famiglia Pitti situata nella zona di Oltrarno, alle pendici deiboschi degli orti della collina di Boboli, che sarà adibita a residenza privata di Cosimo I.

download (2).jpg
Palazzo Pitti, Firenze, 1446

Nel 1560 Bartolomeo Ammannati si occupò della trasformazione dell’edificio in una residenza principesca, ampliandone la facciata e dotandolo di uno scenografico cortile a più piani con l’originale e senza precedenti motivo dei gradoni alternati lungo tutte le superfici. L’effetto monumentale della severa facciata quattrocentesca si alleggerisce quindi grazie al cortile che riesce a legarla al giardino.

download (6)
Giardino di Boboli, Firene, 1550

Gli ampliamenti del palazzo, infatti, non riguardarono solo l’edificio in sé, ma anche il famoso Giardino di Boboli, uno dei più grandi esempi di giardino all’ italiana, un vero e proprio museo all’ aperto, per l’impostazione architettonico-paesaggistica e per la collezione di sculture, che vanno dalle antichità romane al XX secolo. I giardini hanno nel complesso una configurazione vagamente a triangolo allungato, con forti pendenze e due assi quasi perpendicolari che si incrociano vicino alla Fontana del Nettuno che si staglia sul panorama.

A partire dai percorsi centrali degli assi poi si sviluppano una serie di terrazze, viali e vialetti, vedute prospettiche con statue, sentieri, radure, giardini recintati e costruzioni, in un’inesauribile fonte di ambienti curiosi e scenografici. All’ interno del giardino troviamo anche delle “zone di filtro” tra l’edifico e il giardino stesso. Esse sono costituite da elementi artificiali, delle grotte ad esempio; nel giardino di Boboli riscuote grande successo la grotta del Buontalenti. Già l’esterno, caratterizzato da un ingresso ampio tra due colonne sormontate da architrave, con concrezioni spugnose simili a stalagmiti al di sopra dei capitelli, preannuncia l’interno bizzarro e sorprendente.

grotta esternp
Grotta del Buontalenti, Giardino di Boboli

L’interno è diviso in tre zone, tutte decorate con statue, affreschi, stalattiti e stalagmiti, conchiglie e pezzetti di vetro per accentuare lo scintillio dell’acqua. Essa proveniva dai numerosi giochi d’ acqua e fontane presenti all’ interno della grotta stessa, che purtroppo sono pervenute a noi solo in piccoli frammenti. All’ interno furono inoltre collocate le statue degli Schiavi di Michelangelo pensate per la Tomba di Giulio II.

grotta intero.jpg
Buontalenti,Grotta artificiale di Boboli, Giardino di Boboli

La stessa commistione tra natura e opera dell’uomo è presente nel colossale Appennino, ideato da Giambologna per il granduca Francesco, collocato nel parco della ormai distrutta Villa di Pratolino. Questo, che rimane l’esempio più pregevole degli arredi originali, è alto 14 metri, con la parte bassa occupata da una grotta esagonale dalla quale si accede, mediante una scala, al vano ricavato nella parte alta del corpo e nella testa, che all’interno prende luce dagli occhi stessi. All’esterno, la statua è ornata di spugne e concrezioni calcaree, dalle quali versava l’acqua nella piscina sottostante.

download (1)
Giambologna,Colosso dell’ Appennino, Villa di Pratolino

Vasari si occupò degli interventi su Palazzo vecchio, nuova residenza ufficiale di Cosimo I. Gli interventi interessarono solo l’interno, mentre l’esterno non fu modificato per mantenere una continuità visiva con il passato. Il palazzo raddoppiò il proprio volume per effetto delle aggiunte sulla parte posteriore e nel 1565, quando Cosimo I vi si traferì, esso modificò il suo nome da “Palazzo Ducale” a “Palazzo Vecchio”.

firenze-palazzo-vecchio
Palazzo Vecchio, Firenze

Il rinnovamento vasariano culminò nel colossale Salone dei Cinquecento, ottenuto sopraelevando la vecchia aula del consiglio, quella in cui Leonardo e Michelangelo avrebbero dovuto dipingere le Battaglie di Cascina e Anghiari. Non è ancora chiaro se questi dipinti furono coperti o distrutti. Sulle pareti sono realizzati grandi affreschi che descrivono le battaglie ed i successi militari di Firenze su Pisa e Siena:

 

  • La presa di Siena,
  • La conquista di Porto Ercole,
  • La vittoria di Cosimo I a Marciano in val di chiana,
  • La sconfitta dei pisani alla torre di San Vincenzo,
  • Massimiliano d’Austria tenta la conquista di Livorno,
  • Pisa attaccata dalle truppe fiorentine
salone
Salone dei Cinquecento, Palazzo Vecchio

 

studioloo.jpg
Studiolo di Francesco I, Palazzo Vecchio

A seguito della grande glorificazione pittorica di casa Medici nel Salone del Cinquecento, la vena creativa del Vasari si attenuò quando a Cosimo succedette il figlio Francesco I, ciò è ben valutabile se si analizza lo Studiolo del granduca presso Palazzo Vecchio, eseguito nel 1570 dagli allevi del Vasari coordinati dal maestro. L’arte proposta è meno celebrativa e più raffinata, la stanza è rettangolare ed è coperta da una volta a botte. Le pareti sono decorate da due registri di pannelli dipinti, tre per fila per ciascun lato minore e otto sul lato maggiore; in quello superiore agli angoli sono presenti nicchie con statue in bronzo, che rappresentano figure mitologiche correlate agli Elementi. In totale quindi sono presenti otto nicchie per le statue e 36 dipinti, meno due dispersi (in uno è stata collocata la porta sul salone dei Cinquecento, aperta nel 1920, in un altro è stata lasciata la cornice vuota). Francesco, a differenza del padre presentava un interesse particolare per l’alchimia e le pietre preziose, ciò si riflette anche nello stile e nell’ arredamento dello Studiolo.

 

Fu progettato da Vasari anche il nuovo Palazzo degli Uffizi, due grandi corpi porticati che corrono paralleli tra Palazzo Vecchio e l’Arno, su cui si affacciano con grandi finestre con la funzione di dare piena visibilità all’ apparato burocratico-amministrativo, perno del nuovo Stato. Il palazzo si compone di due corpi di fabbrica paralleli, e di uno, più piccolo, ad essi perpendicolari, racchiudenti una piazza stretta e lunga. Ulteriore strumento di promozione di questo potere fu la saggia scelta di adibire parte degli Uffizi a sede pubblica delle raccolte d’arte medicee, che mostra la volontà di identificare l’arte di Firenze con il mecenatismo dei grandi duchi.

download (12).jpg
Portico degli Uffizi

Il portico architravato rappresenta una grande novità nella storia dell’architettura, in quanto i portici medievali, e poi quelli rinascimentali, erano costituiti da una serie di archi e mai di architravi. Nelle nicchie dei pilastri del loggiato fu progettato di inserire una serie di statue di fiorentini famosi, la realizzazione si iniziò solo a partire dal 1835.

 

Al termine dei lavori lo stesso Vasari realizzò un lungo corridoio sopraelevato composto da due distinti passaggi diversi tra Palazzo Pitti, Palazzo Vecchio e gli Uffizi. Inizialmente costruito per fini difensivi, ebbe anche funzione urbanistica e politica. L’idea del percorso sopraelevato era nata per dare opportunità ai granduchi di muoversi liberamente e senza pericoli dalla loro residenza al palazzo del governo, visto l’appoggio ancora incerto della popolazione verso il nuovo Duca e il nuovo sistema di governo che aveva abolito l’antica Repubblica fiorentina, sebbene gli organi repubblicani fossero ormai solo simbolici da quasi un secolo.

corridoio vasariano.jpg
Corridoio Vasariano

I tre grandi edifici interessati assolvevano insieme ad un fine scenografico, modificando tutti assieme l’aspetto dell’intera città. Via via che prendeva forma, l’intervento si qualificava sempre più come vera e propria operazione urbana; gli edifici, inizialmente pensati come distinti, avevano finito per costituire la faccia di una stessa medaglia, se da una parte rappresentavano la potenza della città, dall’ altro la possibile via di fuga rappresentata dal corridoio vasariano rendeva manifeste le preoccupazioni di impopolarità dello Stato di Cosimo.bloggif_5739d762dffd0

Roma tra Manierismo e Controriforma>>

Ilaria Comanducci

Il secondo periodo fiorentino

download
J. Pontormo, Trasporto di Cristo al sepolcro (1526-1528), Firenze, Chiesa di Santa Felicita, Cappella Capponi

Lo stile di Michelangelo rimane uno degli stili più rappresentativi da emulare, come è ben visibile nelle opere di Pontormo. Rientrato a Firenze dopo il biennio alla Certosa del Galluzzo, Jacopo Pontormo si occupò della decorazione della Cappella Capponi a Santa Felicita. Nel “Trasporto di cristo al sepolcro“, è evidente l’elaborazione di uno stile che emula Michelangelo, dall’articolazione serpentinata delle figure alla gamma di colori utilizzati. Pur ricordando non solo Michelangelo, ma anche Raffaello, l’opera presenta una propria originalità, in primo luogo per la trasformazione di un momento sacro in una danza incorporea e allucinata. Nell’ opera non sono presenti elementi che collochino la scena in una precisa dimensione spazio-temporale, suscitando così l’impressione di osservare la scena da una distanza estremamente ravvicinata.

sudio pe ril cristo
J.Pontormo, Studio per il Cristo in gloria, 1546 ca, Firenze, Chiesa di Santa Felicita

In un secondo momento il granduca Cosimo I riaprì il cantiere della basilica di San Lorenzo e incaricò Pontormo di affrescarne il coro con un ciclo di temi biblici. Tuttavia l’opera
terminata non piacque e fu totalmente cancellata; oggi la conosciamo solo grazie ad alcuni disegni preparatori che testimoniano la suggestione esercitata sul pittore dal giudizio universale. Vasari descrive la ricerca stilistica dell’artista come “volta a strafare e quasi sforzare la natura”.

 

passaggio mar rosso bronzino
Bronzino, Passaggio del Mar Rosso, Cappella di Eleonora da Toledo, (1540-1543)

Principale allievo di Pontormo fu Agnolo di Cosimo Mariano detto il Bronzino, che nelle sue opere diede visibilità alla politica e all’ideologia medicea con cadenze raffinate. Nel “Passaggio del Mar Rosso” della Cappella di Eleonora da Toledo in Palazzo Vecchio l’artista illustrò un complesso programma figurativo. L’ affresco rappresenta una sorta di sintesi dell’arte cinquecentesca toscana, idealmente paragonabile alle quasi coeve “Vite” vasariane.

 

bronzino eleonora da toledo.jpg
Bronzino,Ritratto di Eleonora da Toledo con il figlio Giovanni, 1545 ca, Firenze, galleria degli Uffizi

Bronzino fu uno dei più grandi ritrattisti del cinquecento, quasi ossessionato da una ricerca di verità, i suoi personaggi assumono sempre atteggiamenti aristocratici che sembrano bloccarli oltre il loro tempo storico. Esempio esplicativo è il “Ritratto di Eleonora da Toledo con il figlio Giovanni“; l’espressione della duchessa è fredda e distaccata, in netto contrasto con lo spontaneo sorriso del figlioletto.

 

cellini perseo
B.Cellini, Perseo, (1545-1554), Firenze, Loggia dei Lanzi

Negli stessi anni, sotto l’influenza di personalità stilistiche diverse, Benvenuto Cellini fece ritorno a Firenze nel 1544 a seguito di un soggiorno nella Roma di Clemente VII dove il clima era influenzato da Rosso e Primaticcio, esperienza fondamentale per comprendere la sua opera maggiore, la statua di Perseo. La scultura rappresenta Perseo in piedi sul corpo di Medusa, appena decapitata con la spada impugnata nella mano destra, mentre la sinistra solleva trionfante la testa del mostro tenuta per i capelli. È evidente in essa il gusto per la preziosità, l’eleganza e la ricercatezza formale; inizialmente immaginata in creta come arredamento per un banchetto, quando la nuova collocazione divenne Piazza della Signoria, l’artista dovette rivedere il progetto con attenzione alla tradizione fiorentina, prendendo come ispirazione il David di Michelangelo e la Giuditta donatelliana, dotando la statua di una vigorosa solennità. Lo spirito romano permane nelle esili ed eleganti figurette del basamento. La raffinatezza dei dettagli, e non solo, determinarono un successo clamoroso dell’opera.

busto
B Cellini, Busto di Cosimo I (1545-1548), Firenze, museo nazionale del Bargello

 

Il busto di Cosimo I, idealizzato come un eroe, si connota per un’inquietante energia vitale, esaltata dal rivestimento argenteo del bianco degli occhi, che rende lo sguardo estremamente penetrante. Nonostante le preziose finiture in oro e smalti l’opera non piacque perché privo del composto e aristocratico distacco, tipico della ritrattistica ufficiale del bronzino.

 

mercurio.jpg
Giambologna, Mercurio, 1575 ca, Firenze, Museo Nazionale del Bargello

La seconda metà del cinquecento è segnata dall’ ascesa di Jean de Boulogne, detto Giambologna, che arrivò a Firenze nel 1552, il quale rivisitò in chiave personale la ricerca sull’ anatomia e il movimento del corpo umano, e con il quale si chiudono le esperienze del manierismo toscano.Una concezione nuova e lontana dalla maestosità delle figure di Michelangelo, è quella che traspare dal Mercurio, dove possiamo vedere il personaggio che si libera dall’aurea di pesantezza e colossale monumentalità per volgere verso un energico dinamismo. Le forme diventano agili, atletiche e avvitate in un moto ascensionale.

 

 

ratto dellesabine
Giambologna, Il Ratto delle Sabine, 1583 ca, Firenze, Loggia del Lanzi

La novità del linguaggio fiammingo è ben visibile nel Ratto della Sabina un gruppo gigantesco di tre figure, due nudi maschili, un giovane e un vecchio, e uno femminile, collocato oggi presso la Loggia del Lanzi in Piazza della Signoria a Firenze. Nonostante la complessità del soggetto, l’artista riesce a collegare perfettamente i corpi dei personaggi tramite le pose, che fanno distaccare la statua da una mera rappresentazione frontale della scena, bensì induce l’osservatore a ruotare attorno alla composizione per osservare le sue molteplici angolature. Non vi fu nessuna particolare ragione per la realizzazione della complessa composizione, essa non è altro che una dimostrazione puramente manieristica della scelta di un difficile soggetto e della sua brillante realizzazione. Sono così poste le basi per il dinamismo vorticoso tipico del Barocco.

bloggif_5739d2a44aa4e

L’ urbanistica fiorentina: tra artificio e natura>>

Ilaria Comanducci

Roma tra Manierismo e Controriforma

  • Jacopo Barozzi da Vignola:

Il gusto manierista per il bizzarro si esplicita nella realizzazione dei giardini che prima erano visti solo come complemento delle ville signorili, mentre adesso hanno un ruolo centrale e quasi autonomo. La progettazione di questi giardini diventa una specializzazione di molti architetti del tempo, tra i quali vediamo appunto Vignola. Nei giardini si inseriscono elementi nuovi, come statue, grotte, giochi e strumenti musicali ad acqua che avevano uno scopo puramente scenografico.

  • Chiesa del Gesù:

    chiesa del gesu 2
    pianta chiesa del gesù

 

Progettata per il nuovo ordine ecclesiastico dei gesuiti, dall’architetto Jacopo Barozzi da Vignola, per soddisfare le nuove necess

chiesa del gesu 1
vista frontale chiesa del Gesù

ità della chiesa dopo la controriforma, ideò una chiesa a una sola e ampia navata, coperta da una volta a botte, con un transetto concluso da una solenne e luminosa cupola, lo spazio laterale è scandito da cappelle che, pur aprendo lo spazio delle pareti, lasciano compatta la struttura. Questa struttura era adatta alle funzioni liturgiche in quanto gli spazi destinati ai fedeli (navata) e quelli per il clero (presbiterio e coro) erano ben distinti.

 

  • Ville nel XVI secolo:

Le residenze di campagna in Toscana e in Italia settentrionale conservarono sempre un legame con le attività agricole e produttive. Al contrario le ville di Roma, costruite per i grandi dignitari ecclesiastici e l’aristocrazia, furono soprattutto fastosi edifici di rappresentanza circondati da magnifici giardini con aiuole, fontane, statue, secondo l’organizzazione geometrica della natura tipica del giardino all’italiana.

  • Villa Giulia:

    villa giulia 2
    corridoio interno villa giulia
villa giulia 1
facciata villa giulia

Magnifico esempio dei giardini all’italiana dell’epoca, e residenza di papa Giulio III, viene progettata nel 1550-55 da vari architetti, tra cui il Vasari, Ammannati e Vignola. L’edificio è caratterizzato da una forte contrapposizione tra la facciata rettilinea e gli interni curvilinei e mossi, dove si trovano due cortili.

  • Casina di Pio IV:

Costruita da Pirro Ligorio all’interno dei

casina di pio IV
facciata casina di pio IV

verdi giardini vaticani, presenta una facciata ricca di stucchi, cornici, festoni vegetali e nicchie con figure che imitano i motivi dell’antica Roma.

 

 

 

  •   Villa d’Este a Tivoli:

Commissi

villa d'este
organo ad acqua villa d’este

onata dal cardinale Ippolito d’Este questa villa presenta uno dei più celebri giardini all’italiana, ricco di fontane, giochi d’acqua, viali alberati e padiglioni ornati da mosaici e statue. Nel complesso della villa si trova anche un grande organo idraulico all’aperto.

 

 

 

  • Palazzo di Caprarola:

La famiglia papale dei Farnese fece realizzare, presso Viterbo, la propria e imponente versione della villa. Questa struttura nasce sulla preesistente

palazzo caprarola
vista dall’alto palazzo caprarola

fortezza pentagonale, alla quale Vignola aggiunge altri due piani. All’interno dell’edificio si trova uno scenografico cortile rotondo. Vignola decise di dedicare lo spazio dietro alla villa per un grande parco all’italiana, mentre la parte anteriore è occupata da un sistema di scalinate che la collegano alla città.

  • Sacro Bosco di Bomarzo:

Il nobile romano Vicino Orsini nel suo parco di Viterbo mette in mostra un’idea totalmente

sacro bosco 1
sacro bosco – orco

diversa di parco, infatti in contrapposizione alla perfetta geometria dei giardini all’italiana in questo parco si ha una natura lasciata libera e rigogliosa con gigantesche statue di mostri e creature mitologiche. Questo aspetto, insieme alla cultura esoterica del pro

sacro bosco 2
sacro bosco – drago

prietario, che ha anche aggiunto ornamenti con vari codici di difficile interpretazione, ha contribuito al nome di questo bosco.