L’architettura veneta

Sansovino

sansovino

Jacopo Tatti, più conosciuto come il Sansovino, nacque in toscana nel 1486, fu architetto e scultore; la sua formazione avvenne nella Roma dei papi medicei.

Piazza San Marco

Quadri-Moretti,_Piazza_San_Marco_(1831),_01A partire dal 1536 rimodellò totalmente Piazza San Marco, che era composta da due aree: la piazza e la piazzetta.Nell’angolo in cui queste due aree si incontrano si erge il campanile, mentre sui lati della piazza sono presenti le procuratìe, ossia due lunghi edifici che ospitavano uffici e abitazioni di alti funzionari della Repubblica .Sansovino ampliò la superficie dell’intera piazza, andando a isolare il campanile e ad aprire verso il mare la loggia di quest’ultimo decorata con colonne e rilievi marmorei, e della Biblioteca Marciana che si costituisce di una lunga serie di arcate delimitate da colonne doriche al piano terra e ioniche al secondo piano. Per la costruzione di quest’ ultimo edificio utilizzò la costosa pietra bianca e per ornarlo realizzò ricchi fregi , festoni vegetali e bassorilievi. Osservando le statue sulla balaustra è facile concepirle come una rivisitazione dei coronamenti degli edifici gotici veneziani; un ulteriore dettaglio molto importante di questa struttura è quello dell’elevata presenza dei vuoti che forniscono un effetto quasi pittorico.

 

Palazzo Cornaro

Palazzo CornaroSansovino progettò anche Palazzo Cornaro, risalente al 1533; questo è situato sul Canal Grande e come tipologia di struttura ricorda quella del palazzo medievale veneziano, con le finestre più fitte nella parte centrale della facciata, per realizzare questa struttura, Sansovino, progettò due serie di arcate più ravvicinate nella parte centrale del palazzo. Ci sono però elementi di questo edificio che evidenziano anche un’influenza fiorentina e romana, come la compattezza della struttura che ricorda Palazzo Farnese  e l’utilizzo del bugnato liscio al pianterreno oppure la presenza delle quattro ampie finestre, sempre al pianterreno, che sono un omaggio al Vestibolo della biblioteca laurenziana.

Michele Sanmicheli

sanmicheliMichele Sanmicheli  (Verona, 1484 – Verona, 1559), è stato un architetto e urbanista di stampo manierista, tra i maggiori della sua epoca.Dopo aver soggiornato a Roma per compiere la sua formazione studiando l’arte di Bramante, Raffaello, Sansovino e Sangallo, rientrò a Verona dove riceverà, nel corso della vita, numerose e prestigiose commissioni. Ingaggiato dalla Serenissima come architetto militare, disegnò numerose fortificazioni nel vasta repubblica veneziana, assicurandosi così una grande fama. Lavorò molto in Dalmazia, a Zara, Sebenico, Creta e Corfù; grazie a questi soggiorni in queste ultime località fu probabilmente l’unico architetto italiano del sedicesimo secolo ad aver avuto l’opportunità di vedere e studiare l’architettura greca, possibile fonte di ispirazione per l’uso di colonne doriche senza basi. Oltre alle costruzioni di carattere militare, si occupò anche della progettazione di palazzi e di architetture religiose.

Palazzo Grimani

palazzo grimani 2Palazzo Grimani è proprio uno di questi palazzi e fu progettato nel 1557; per la realizzazione di questo edificio Sanmicheli riprende alcuni spunti dall’architettura antica, come le tre aperture al pianterreno che sono costruite sulla base dell’arco di trionfo romano; questo ci fa percepire la sua formazione antiquaria.

 

La situazione militare della Serenissima

 La Serenissima a causa delle pressioni degli eserciti nemici fu costretta a intraprendere Palmanova-Italyuna campagna di riqualificazione delle sue strutture militari; un esempio importante di questa riqualificazione è la cinta muraria in pietra di Bergamo Alta. La repubblica investì anche ingenti somme di denaro nella costruzione di forti e di città-caserma; ne è unesempio la cittadina di Palmanova; i lavori di edificazione iniziarono nel 1593 e fu articolata su un impianto ottagonale circondato da mura disposte a forma di stella a otto punte e attraversato da strade rettilinee; altri esempi di cittadine fortificate sono Sabbioneta, Terra del Sole e Cosmopoli le ultime due sono entrambe state fondate da Cosimo I.

  Il veneto e le ville

Il Veneto fino dal 1400 fu una terra caratterizzata dalla presenza di ville e di residenze di campagna; questi edifici furono costruiti sul modello delle abitazioni rurali descritte nei testi antichi, le tipologie di ville che si affermarono in Veneto presentavano, affianco agli spazi abitativi, attività ed edifici agricoli. Come esempio della realizzazione di questa tipologia di edificio possiamo osservare Villa dei Vescovi; questa villa fu progettata e costruita dall’architetto Giovanni Maria Falconetto tra il 1535 e il 1542, si trova sui colli villa dei vescovi 2Euganei ed è facile cogliere la somiglianza con la domus descritta nel trattato vitruviano. La villa si presenta come un unico blocco quadrato sviluppato su un solo piano ornato da un loggiato ad arcate che si apre al centro in un cortile che sembra rifarsi al peristilium presente nelle abitazioni romane.

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Palladio e le sue architetture—>

Manierismo e Controriforma

Durante il Cinquecento molte città europee divennero un punto di ritrovo per francis1-1molti artisti: a Roma llavorarono artisti come Leonardo o Michelangelo, in Francia, invece, Francesco I ospitó personaggi quali Andrea Solario e Primaticcio Rosso.

L’arte delle corti stimoló l’invenzione e la bizzarria degli artisti, a Milano vengono create le più preziose e sfarzose armature, rese ormai obsolete dalle armi da fuoco e relegate a ruolo da parata. A Vienna Massimiliano II e successivamente Rodolfo II si circondano di artisti fiamminghi, italiani e tedeschi ai quali affidano opere spesso cariche di erotismo, chiamate “rudolfine”.

La rinnovata attenzione verswunderkammer-1599o la natura portó a una profonda crisi del Platonismo. È di questo periodo la Wunderkammer o “Stanza delle
meraviglie”, che raccoglie quanto di più curioso in natura.

A Praga, il celebre astrologo Giovanni Keplero realizzó il quale una macchina complessa per mostrare i moti dei pianeti; mentre la scoperta dell’America apre nuovi orizzonti per l’Europa.

Crisi religiosa

Nel 1517, il teologo Martin Luteromartin_lutero_171 denunció, con le sue 95 tesi, la corruzione dilagante e la vendita delle indulgenze, giungendo alla famosa Scissione Protestante. In seguito, si affermarono anche il pensiero calvinista e altre chiese riformate. Il Papato per contrastare questo cambiamento attuò una Controriforma. L’Europa perse, dunque, quello che fino che fino ad allora era stato forse l’unico elemento unificante: la religione cattolica.

Le conseguenze del concilio furono la distruzione delle opere d’arte sacra considerate idolatriche. La pittura su tela venne sempre preferita per le opere sacre,  accompagnate da un sottoquadro, in una formula costante per tutto il XV secolo.

I nuovi canoni portarono al tramonto del Manierismo, sebbene l’arte profana sopravvisse a Venezia e a Genova con  artisti quali: Tintoretto, Veronese.

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In contrapposizione alla pittura non religiosa, raffinata e suntuosa, troviamo imponenti e decoratissimi edifici nelle città quali Roma e Vicenza.

Con la Pace di Cateau-Cambrésis (1559), la Spagna ottenne in predominio in Italia. Da sottolineare l’affermarsi della mimica facciale nella regione nord-occidentale della penisola, al fine di rendere le opere più coinvolgenti.

La XXV sessione del Concilio affrontò il tema del culto delle immagini. Noto fu il caso del “Giudizio universale” di Michelangelo, ritenuto offensivo per i numerosi corpi nudi, sopravvissuto in quanto commissionato papa Paolo III, ma michelangelo_giudizio_universale_02modificato da Daniele da Volterra con l’aggiunta dei braghettoni (lunghe brache che coprivano le nudità). Paolo Veronese fu addirittura processato per una sua opera con l’Ultima Cena, ricca di dettagli “troppo mondano”.

Cambiamenti geopolitici

Il regno di Filippo II (1556-1598) in Spagna spostó la sua attenzione sulle terre oltreoceano, abbandonando le rotte commerciali mediterranee, con il declassamento di Venezia. La città divenne frontiera con l’oppressione dei turchi e palladiodegli Asburgo. Ció portó allo spostamento delle grandi famiglie commerciali sulla terraferma, dove costruirono grandi ville. Nonostante l’impoverimento economico, ci fu un’incredibile vivacità artistica, con personaggi quali: Tiziano, Veronese o Tintoretto; in un clima più libero dai condizionamenti della Controriforma rispetto al resto della penisola.

Se Milano è politicamente in declino, Genova è in ascesa. La città, tradizionalmente alleata della Francia, dal 1528 passa dalla parte della Spagna. A ispirare questo cambiamento è il condottiero Andrea Doria, che controlla una delle principali flotte militari del Mediterraneo, ma sono filospagnoli anche i maggiori uomini d’affari genovesi. Da grandi mercanti e navigatori, nella seconda metà del Cinquecento i genovesi si trasformano in banchieri della corona iberica; nelle loro mani passa l’enorme flusso di metalli preziosi che si riversa sull’Europa dalle colonie americane. Questi banchieri, organizzati nel Banco di San Giorgio, guidano la Repubblica genovese, di cui amministrano le finanze pubbliche. Famiglie come i Doria, i Grimaldi, gli Spinola o i Pallavicino sono tra le più ricche d’Europa, e questo si riflette nella grande riqualificazione architettonica del centro urbano, in cui sorgono numerosi e imponenti palazzi.

Architettura Veneta—->

La seconda metà del 1600: Bernini a Roma

Altra opera Realizzata dal Bernini tra il 1647 e il 1652 su commissione di Innocenzo X nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria, la Cappella Cornaro è decorata con un motivo angelico: gli angeli spostano le nuvole per lasciare spazio ad una colomba, che, insieme alla volta celeste dipinta ed al gruppo scultoreo Estasi di santa Teresa d’ Avilla rappresenta l’ unione delle tre arti (architettura, pittura e scultura).

Bernini trasforma la chiesa rendendola simile ad un teatro grazie ad una serie di modifiche: aumenta la profondità del transetto, monta una finestra con vetri gialli che garantisce una fonte di luce dall’ alto, in maniera tale che il Sole illumini la freccia ed i raggi divini in bronzo, catapultando così l’ osservatore nell’ illusione di assistere veramente ad una esperienza religiosa.

La volta celeste dipinta

Il gruppo marmoreo sopracitato rappresenta un cherubino che con un dardo, rappresentante l’ amore di Dio, si accinge a colpire Teresa al cuore, mentre sono entrambi sospesi su una candida nuvola.

 La santa si abbandona al volere di Dio: gli occhi sono rivolti al cielo e la bocca, semiaperta, sembra esprimere un gemito: rifacendosi al passo biblico infatti, la donna soffrirebbe nel farsi colpire più volte dalla freccia ma, contemporaneamente, spiega anche che sente l’ amore di Dio, sensazione che nessuna esperienza terrena può eguagliare. La veste della santa cade morbidamente sul corpo della donna, rappresentando di fatto un puro virtuosismo.

 

L’ idea del teatro è rafforzata dalla presenta di due palchi ai lati dell’ Estasi di santa Maria Teresa, dove sono scolpiti i membri della famiglia Cornaro mentre si scambiano alcuni commenti, proprio come se fossero parte del pubblico in un’ opera teatrale.

 

 

Una delle opere più celebri del Bernini resta comunque la Piazza S. Pietro, la cui realizzazione inizia nel 1656 e dura circa  un anno. Rappresenta un notevole esempio di architettura ed urbanistica barocca ed è dedicata all’omonimo santo. Migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo vi si incontrano quotidianamente.

Lo spazio della piazza è formato da due parti: la prima a forma di trapezio il cui lato maggiore corrisponde alla facciata della Chiesa mentre la seconda, più grande, ha una forma ovale con l’obelisco Vaticano al centro e due fontane poste trasversalmente.

Secondo il progetto originale la piazza era costituita quasi solo dalla prima parte (il trapezio), circondata da edifici, soprattutto botteghe. Il progetto fu naturalmente scartato, in quanto poco monumentale, vista la sacralità del luogo.

Successivamente, nel progetto definitivo, acquista più valore la seconda parte della piazza, di forma ovale (figura particolarmente importante dal punto di vista religioso ed astronomico). Per la realizzazione di questa venne letteralmente abbattuto il borgo circostante, venendo ricostruito più distante; la zona inoltre diventò abitabile solo dagli aristocratici (prima la zona era abitata dai poveri).

Vengono costruiti i due colonnati con una forma a “tenaglia”, per dare l’ impressione ai fedeli di essere abbracciati dalla Chiesa stessa. Nei colonnati sono presenti 162 statue equamente ripartite, mentre le strutture sono sorrette da tre gradini per bilanciare il lieve pendio della zona (il numero dei gradini rimanda alla Santa Trinità). Il Bernini aveva anche ipotizzato una chiusura ideale della struttura ovale, rappresentata da un colonnato; tale progetto fu però da lui abbandonato allorché si rese conto che tale struttura avrebbe nascosto allo sguardo la facciata della Chiesa.

 

Bernini provvide anche alla modifica della Scala Regia, importantissima rampa di scale del Palazzo Apostolico nella Città del Vaticano, che fa parte dell’entrata cerimoniale in Vaticano. Fu costruita da Antonio da Sangallo il Giovane nei primi anni del XVI secolo, per collegare i palazzi Apostolici alla Basilica di San Pietro, ma fu notevolmente modificata dal Bernini dal 1663 al 1666, che riuscì a renderla ancora più teatrale.

Il sito, una striscia di terra scoscesa relativamente stretta tra la chiesa ed il palazzo, è delimitato da muri convergenti: Bernini utilizzando alcuni effetti barocchi tipicamente teatrali, riuscì ad esaltare questo punto di accesso in Vaticano, facendolo sembrare molto più grande e maestoso di come è in realtà.

Bernini divide il poco spazio disponibile in due rampe, che sono coperte da una volta a botte che diventa più stretta alla sommità, amplificando agli occhi dell’osservatore il senso della lunghezza del percorso grazie alla prospettiva. Le deformazioni prospettiche sono abilmente nascoste da un colonnato, le cui colonne decrescono via via d’ altezza. Sopra l’arco, all’inizio della rampa, vi è situato lo stemma di papa Alessandro VII affiancato da due angeli scolpiti, mentre alla base delle scale Bernini posizionò la sua statua equestre dell’imperatore romano Costantino, cui viene aggiunta dall’ altra parte la statua equestre di Carlo Magno grazie ad Agostino Comacchini.

 

Per quanto concerne invece le Chiese realizzate da Bernini, la più importante è senza dubbio la Chiesa di Sant’ Andrea al Quirinale, i cui lavori iniziarono nel 1658 e terminarono nel 1661.

Vista dall’ esterno la chiesa si integra nel contesto urbanistico, invitando il fedele ad entrare grazie alla scalinata.

La chiesa in realtà è piccola…
… mentre all’ interno sembra molto più grande!!

L’ edificio si caratterizza per una pianta ellittica, dove l’ asse longitudinale (dove si trovano l’altare e l’ingresso) è più corto dell’ asse trasversale, dando un senso di maggiore grandezza e maestosità dell’ edifico stesso, limitato infatti dai pilastri laterali. Sopra al timpano si trova la rappresentazione scultorea dell’ Ascensione di Sant’ Andrea, dove sono scolpiti alcuni cherubini che reggono una ghirlanda.

 

Altrettanto famoso è Palazzo Montecitorio, progettato nel 1650 da Bernini per la famiglia Pamphilj; venne concluso da Carlo Fontana solo nel 1697, presenta una facciata concava suddivisa in cinque sezioni, elementi che danno l’ impressione che l’ edificio sia più lungo, caratteristica prettamente berniniana.

Palladio e le sue architetture

Palladio

palladioAndrea di Pietro della Gondola,  noto come Palladio, nacque a Padova nel 1508 e durante la sua vita, lunga 72 anni, fu senza alcun dubbio il maggiore architetto del cinquecento veneto. Si formò a Padova come scalpellino e capomastro; da subito mostrò eccelse doti nella progettazione, che riuscì a sviluppare grazie al mecenatismo di colti patrizi veneti; proprio queste figure finanziarono a palladio vari viaggi di studio a Roma, viaggi che furono fondamentali per studiare da vicino le rovine antiche. Il tocco di Palladio compare anche in un’edizione commentata del De Architettura del 1556 di Daniele Barbaro, dove Andrea realizzò immagini e incisioni.

 

Basilica di Vicenza

basilica vicenza 2Il primo grande progetto di Palladio risale al 1549 e si tratta di un restauro della basilica di Vicenza ossia il palazzo civico vicentino; il nome rimanda all’originario significato del termine basilica, ossia quello spazio pubblico dedicato a riunioni e indicato come luogo di incontro per questioni fiscali e sociali. L’edificio ai piani inferiori era suddiviso in vari uffici per le diverse magistrature cittadine, questi erano sovrastati da un salone ricoperto da una volta lignea a carena di nave rovesciata, che fu poi rivestita in ColorFoto - cantiere Basilica palladiana 18-01-11piombo. Andrea poi circondò tutto il palazzo con un doppio loggiato in pietra scandito da un ordine gigante di semicolonne, doriche al pianterreno e ioniche al piano superiore, intervallate da due serie di aperture a serliana ( arco siriaco ); il tutto è sormontato da una balaustra ornata con delle statue, che ricorda quella della Biblioteca Marciana.

 

Palazzo Chiericati

Palazzo ChiericatiPalladio intervenne molte volte sulla sul tessuto urbanistico, progettando anche Palazzo Chiericati che presenta un’ ampia facciata tripartita, caratterizzata da un’estrema armonia tra spazi pieni e loggiati e dalla sovrapposizione dei due ordini architettonici (ionico e corinzio) con un coronamento di statue sovrastante. Il palazzo è costituito da un corpo centrale con due ali laterali leggermente arretrate, dotate di grandi logge al livello pianta palazzo chiericatidel piano nobile; in più l’atrio del palazzo presenta due absidi ed è fiancheggiato da due nuclei di tre stanze. Per conferire magnificenza all’edificio, ma anche per proteggerlo dalle frequenti inondazioni, Palladio lo solleva su un podio, che nella parte centrale mostra una scalinata chiaramente mutuata da un tempio antico. Il piano inferiore è caratterizzato dalla presenza di un portico colonnato, con la relativa trabeazione che presenta il classico fregio con metope e triglifi alternati; il piano superiore presenta invece una trabeazione con fregio continuo e due eleganti logge alle estremità.

 

Basilica di San Giorgio
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Veduta della Basilica di San Giorgio

Palladio fu introdotto dalla famiglia Barbaro presso le più alte sfere del patriziato veneziano. Grazie all’incarico di ricostruire il monastero e la Basilica di San Giorgio Maggiore lui iniziò a interessarsi dell’architettura religiosa. La Basilica è uno degli edifici ecclesiastici più importanti della città e inoltre è situato in un posto nodale nel paesaggio urbano veneziano: essa si affaccia sul bacino di San Marco.Nel 1566 i lavori iniziarono .

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La facciata, ultimata successivamente da Vincenzo Scamozzi, ha un unico accesso con ordine gigante di quattro colonne composite su alti plinti, sormontate da trabeazione reggente un classico timpano, come un tempio classico.  Ai lati del portale sono presenti le statue di San Giorgio e di Santo Stefano, contitolare della chiesa. Egli trovò una soluzione fantasiosa alla facciata, cioè quello di trovare il modo di dotare di un prospetto ispirato al tempio classico un edificio tripartito come la chiesa cristiana a tre navate.

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Palladio mette assieme due prospetti templari, uno per la navata centrale e uno minore spezzato per le due navate laterali. Come la facciata, anche la pianta rappreseBasilica piantanta una soluzione originale, in quanto combina la pianta centrale di tradizione classica con la pianta cruciforme; in ciò si manifesta l’influenza che i dettami della controriforma iniziavano ad avere sull’orientamento rinascimentale nell’archittetura delle chiese.La cupola divide entrambi gli assi della chiesa in due parti uguali.

Chiesa del Redentore

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La chiesa del Redentore è un importante edificio religioso di Venezia progettato dall’architetto Andrea Palladio nel 1577 sull’isola della Giudecca. La pianta deriva dalla composizione di quattro cellule spaziali perfettamente definite e diverse fra loro: il rettangolo della navata, le cappelle laterali, la cella tricora composta dalle due absidi e dal filtro di  colonne curve, il coro. Una volta definite con precisione tali figure, Palladio studia soluzioni raffinate per  accompagnare il passaggio dell’una dentro l’altra, ricercando un’armonica fusione del tutto.Il risultato è frutto di una consumata capacità compositiva e di una particolare sensibilità per gli effetti scenografici. L’interno è a navata unica, con imponenti e decorate cappelle laterali. Grande importanza ha la luce, come in tutte le opere palladiane, vera protagonista dell’interno, che valorizza volumi e decorazioni.

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 L’edificio ha pianta rettangolare, esso è costituito da tre absidi  comunicanti con la grande  cupola  centrale. Dall’ intersecazione di essi partono due sottili campanili cilindrici, con tetto a cono. La facciata in marmo bianco è uno dei più mirabili esempi di ispirazione classica che tanto resero famoso il  Palladio: quattro timpani circolari in marmo e un attico rettangolare si intersecano tra loro, in un contrapporsi di superfici lisce,di lesene e di lunette con statue. Un grandioso portale del 1688 è sovrastato da un timpano sostenuto da due altre semi colonne . Entrando si notano due belle acquasantiere circolari in marmo sulle quali sono collocate due sculture di bronzo raffiguranti san Giovanni Battista ed il Redentore.

 Teatro Olimpico
pianta teatro olimpico
Pianta Teatro Olimpico

Dopo la Chiesa del Redentore, gli venne commissionata  a Vicenza il Teatro Olimpico, esso è uno dei massimi capolavori dell’artista ed è anche una rivisitazione del testo del Vitruvio. La realizzazione del teatro, all’interno di un preesistente complesso medievale, venne commissionata a Palladio dall’Accademia Olimpica per la messa in scena di commedie classiche. La sua costruzione iniziò nel 1580 e venne inaugurato il 3 marzo 1585 ,è stato incluso nel 1994 nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, come le altre opere palladiane a Vicenza. Il teatro fu la prima struttura di questo genere a essere edificata dopo l’impero romano e si differenzia dai modelli precedenti per la copertura: le strutture dell’antichità erano a cielo aperto. Nel Teatro lo spazio semi circolare destinato agli spettatori risulta legato a quello riservato alla rappresentazione ,il quale è caratterizzato dallo sfondamento della monumentale scena fissa.

—>Le Ville Palladiane

Realizzato da Eleonora Pelucchini e Alberto Venturi

 

 

 

 

 

Bernini a Roma

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Urbano VIII 1568-1644

Maffeo Barberini fu eletto al soglio pontificio nel 1623 sotto il nome di Urbano VIII.
Il papa assicurò al giovane Bernini un ruolo attivo e di rilevata importanza durante il suo pontificato; egli sapeva infatti sia celebrare la chiesa cattolica, sia la famiglia papale.

 

La prima commissione per il giovane artista fu il Baldacchino per l’altare maggiore della Basilica di San Pietro (1624); essa richiese nove anni di lavoro.
Subito si originò un problema riguardo il modo di reperire il bronzo. Bernini lo risolse sottraendolo dal soffitto e dal portico del Pantheon.
L’artista utilizzò come forma del ciborio quella a baldacchino e non quella tipica a tempio.

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Baldacchino

Per quanto riguarda le colonne Bernini si ispirò a quelle antiche già presenti nella Basilica.
Esse sono di forma tortile (il fusto lungo l’asse verticale è avvolto a spirale) avvitandosi nello spazio.
Al vertice delle colonne, decorate sul fusto con rami di vite, si elevano quattro angeli.
Alle loro spalle si ergono quattro volute a dorso di delfino dal tono agile.

Esse si uniscono verso l’alto e fungono da sostegno ad una sfera sormontata da una croce.
Tutto il complesso iconografico doveva anche celebrare Urbano VIII e la sua famiglia; questo si può notare nella raffigurazione delle api sulle colonne e nel sole che splende sui capitelli.
Altri elementi sono le frange scolpite e pendenti che sembrano agitarsi al soffio del vento.
Esse sono simbolo di leggerezza.
L’intero complesso viene definito da Bernini stesso <<Bel complesso>> ovvero prodotto di tre arti: architettura, scultura, decorazione.

 

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San Longino (1628-1638). Basilica di San Pietro -Roma-

Per rifinire il Baldacchino, l’artista progettò due ordini sovrapposti di nicchie.
Nel primo ordine Bernini vi collocò le quattro statue dei santi Elena, Veronica, Longino ed Andrea apostolo.
Nell’ ordine superiore vi erano le loro reliquie circondate da colonne tortili.
Molto importante è l’ opera del santo Longino.
Longino era un centurione romano che nel momento della crocifissione riconobbe Cristo.
Qui, viene ritratto proprio nel momento della rivelazione mentre allarga le braccia in segno di meraviglia e sorpresa.
Si notano dei tratti tipici di Bernini quali: il movimento caotico del personaggio, il ricco panneggio della veste e la grande espressione del volto resa dalla evidente drammaticità.

 

volto

 

 

 

 

Bernini sviluppa lungo la navata centrale l’allestimento decorativo, assicurò inoltre le sorgenti luminose e utilizzò una grande vivacità di colori.
Nel 1628 il papa gli commissionò il Monumento funerario da collocare nella nicchia destra dell’ abside di San Pietro.

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Monumento funerario (1628). Basilica di San Pietro -Roma-

Il trono del papa era sorretto da un alto piedistallo decorato con figure di api.
Urbano VIII è seduto nell’ atto di benedire; in basso vediamo le figure della Carità (a sinistra mentre allatta un bambino) e della Giustizia (a destra) che sorvegliano il sarcofago.
Sulla parte superiore del sarcofago vi è uno scheletro della Morte che scrive l’iscrizione sepolcrale del pontefice con lettere d’oro.
Si nota il contrasto dei materiali; tutto ciò che riguarda direttamente il defunto è in bronzo scuro, le personificazioni delle virtù sono in marmo bianco.

 

 

Alla morte del papa Urbano VIII vennero apportati numerosi cambiamenti da

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Innocenzo X  (1574-1655)

parte del nuovo pontefice Innocenzo X Pamphilj che non era particolarmente sensibile all’arte, tanto che non volle continuare l’ambiziosa strada artistica intrapresa dal papa precedente.
Bernini non era più l’artista prediletto e la sua situazione peggiorò quando nel 1646 crollarono le fondazioni dei due campanili da lui progettati per San Pietro.
Innocenzo X si accorse però dell’ elevata bravura dell’ artista e decise di fargli svolgere l’ opera da lui progettata; si trattava della Fontana dei Fiumi in piazza Navona dove si trovava anche la residenza della famiglia papale.

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Fontana dei Fiumi

L’ intero complesso è costituito da un’ ampia vasca ellittica, al centro della quale si erge una grossa grotta scolpita nel marmo.
La grotta ospita vegetazioni, animali e rivoli.
Sono presenti un leone e un cavallo che si abbeverano ed ai lati della grotta vi siedono le personificazioni dei fiumi: Gange, Danubio, Rio de la Plata e Nilo ( sono stati eseguiti da aiuti); essi sono il simbolo del trionfo della Chiesa sui quattro continenti. Queste raffigurazioni hanno una dimensione maggiore rispetto a quella reale.
il Danubio indica uno dei due stemmi dei Pamphilj presenti sul monumento come a rappresentare l’autorità religiosa del pontefice sul mondo intero, il Nilo si copre il volto con un panneggio, facendo riferimento all’oscurità delle sue sorgenti, rimaste ignote fino alla fine del XIX secolo, il Rio della Plata, vicino al quale le monete simboleggiano il colore argenteo delle acque, il Gange con un lungo remo che suggerisce la navigabilità del fiume.
Dalla sommità della grotta si erge un obelisco che fu realizzato all’epoca dell’imperatore Domiziano imitando i modelli egiziani e copiando i geroglifici; inizialmente venne collocato nella sua villa presso Albano ma successivamente Massenziolo fece spostare nel circo della villa omonima.
Nel 1651 papa Innocenzo X lo fece recuperare.
Sulla sommità dell’ obelisco si trova una colomba, simbolo della religione cristiana ed anche della famiglia Pamphilj.
Lo spettatore, girando intorno all’imponente fontana, può scoprire nuove forme o particolari che da un’altra visuale erano nascosti o quasi del tutto coperti dalla massa rocciosa. Il Bernini vuole suscitare meraviglia in chi ammira la fontana

parte finale
Colomba

 

uomini
Rio de la Plata, Danubio, Gange, Nilo

 

 

[Fonte: wikipedia]

 

 

 

 

Gian Lorenzo Bernini e le prime opere

ritratto bernini
Gian Lorenzo Bernini

Gian Lorenzo Bernini diede un’impronta rilevante all’arte dell’età Barocca. Nacque a Napoli il 7 dicembre del 1598, figlio di Pietro Bernini, un pittore e scultore toscano e di Angelica Galante, una popolana napoletana. Nel 1606 Lorenzo si trasferì a Roma con la sua famiglia, dove visse per tutta la sua vita ad eccezione di un breve viaggio in Francia nella corte di Luigi XIV. Il suo primo maestro fu il padre e nel cantiere di quest’ultimo Lorenzo apprese i fondamenti tecnici della professione, fornendo subito prova della sua precoce attitudine creativa. Studiò con passione la tradizione rinascimentale del disegno e della rappresentazione della figura, i marmi antichi delle raccolte vaticane e importanti maestri contemporanei, soprattutto Annibale Carracci.

 

capra amaltea
Capra Amaltea 1615  marmo, galleria borghese Roma.

Nella prima fase stilistica, Bernini dimostra un interesse e un rispetto assoluto della scultura ellenistica in opere che imitavano alla perfezione lo stile antico, come nell’opera Giove e Fauno allattati dalla capra Amaltea, terminata nel 1615 e considerata da molti la prima opera in assoluto di Lorenzo Bernini, nella quale l’artista adottò una particolare tecnica d’invecchiamento del marmo, in modo da far credere agli studiosi che la statua fosse dell’età ellenistica. In quest’opera è rappresento un episodio dell’infanzia di Giove quando, salvato dalla minaccia del padre Saturno, fu allevato dalle Ninfe presso il monte Ida col miele e col latte della capra Amaltea. Il marmo è trattato in maniera diversa nelle varie zone per rendere sia la sensazione tattile della superficie dei corpi, ma anche per avere una diversa luminosità, una resa addirittura cromatica, per esempio il latte bianchissimo che sta bevendo il satiretto.

 

In seguito la commissione di gruppi statuari da parte del cardinale Scipione Borghese, nipote di Paolo V, costituì la prima importante occasione professionale di Bernini al quale furono commissionati capolavori come il David e Apollo e Dafne. In particolare il David realizzato tra il 1623 e il 1624 riprende il mito biblico di David e Golia, nel quale David affronta il gigante Golia armato con una fionda. Bernini, seguendo gli schemi del Barocco, raffigura il David un momento prima che quest’ultimo scagli la pietra che ucciderà il gigante Golia,

cogliendolo in una torsione e in una espressione di sforzo con una massima tensione fisica ed emotiva . La rotazione del corpo serve ad accumulare la massima potenza. Nel volto la fronte corrugata, gli occhi rivolti verso il bersaglio e le labbra serrate, da un lato evidenziano lo sforzo di racogliere le energie per l’azione imminente, dall’altro la concentrazione del giovane sul bersaglio da colpire. Ai piedi del David vi è la corazza ,secondo il mito prestata dal re Saul, la quale è lasciata cadere perché troppo pesante, sotto alla quale è possibile scorgere una testa d’aquila simbolo della casa Borghese.

 

Confrontando il David di Bernini con quelli di Michelangelo e Donatelo si possono notare alcune analogie e diverse differenze; come Michelangelo Bernini ha scelto di realizzare il suo capolavoro in marmo, a differenza di Donatello il quale utilizza il bronzo. Il momento raffigurato è quello prima dell’azione come il David di Michelangelo e non come quello di Donatello raffigurato con la testa di golia sotto il piede, segno di vittoria. Ciò che differenzia il David di Bernini da quello di Michelangelo e Donatello è la visione Barocca del Bernini la quale è elaborata nel movimento. Questa visione coglie tutte le espressioni corporee che manifestano lo sforzo riportando anche il minimo particolare in una posa sinuosa e plastica differente dalla visone rinascimentale, il David di Bernini è quindi colto nel movimento. La sua figura non è statica come in Donatello e Michelangelo, ma dinamica ed è stato rappresentato per essere visto da tre diverse angolazioni come in Donatello. Alla fissità delle statue rinascimentali subentra qui una rappresentazione fortemente emotiva, capace di coinvolgere lo spettatore a tal punto da poter quasi sentire tutta la tensione di David.

dona miche berni

 

La stessa descrizione psicologica ispira anche il gruppo con Apollo e Dafne dove lo scultore traduce le immagini del mito tratto dalla metamorfosi di Ovidio. Il mito narra del Dio Apollo il quale si vanta di saper usare come nessun altro l’arco e le frecce, meritandosi così la punizione di Cupido, che lo colpisce con uno dei suoi dardi facendolo innamorare della bella ninfa Dafne, la quale però aveva consacrato la sua vita a Artemide e alla caccia. L’amore di Apollo è irrefrenabile, perciò Dafne chiede aiuto al padre Penéo, Dio dei boschi, il quale per impedire ai due di congiungersi la trasforma in un albero di alloro, che da quel momento diventerà sacro per Apollo. Questo tema non era mai stato affrontato in scultura prima di Bernini. Nella scena Dafne rincorsa da Apollo si protrae in avanti mentre la metamorfosi si compie sul suo corpo ed è visibile nelle mani che divengono rami e foglie, mentre i capelli e gambe si trasformano in tronco e i piedi in radici; la ninfa pare non accorgersi della metamorfosi che il suo corpo sta subendo ma è piuttosto preoccupata da Apollo che l’ha raggiunta e verso il quale volge uno sguardo di terrore. Apollo invece si rende conto della metamorfosi che Dafne sta subendo e l’espressione di soddisfazione va mutandosi in stupore incredulo. L’immagine ha una sua sequenza temporale: si percepisce il movimento, la provenienza dei protagonisti e, nel caso di Dafne, il suo aspetto prima e dopo l’attimo raffigurato, ma aveva anche una sequenza che l’artista, con una soluzione da regista teatrale, aveva previsto per l’osservatore. Quest’ultimo entrando nella stanza dal lato sinistro, incontrava con lo sguardo prima Apollo, notandone il movimento e poi ponendosi frontalmente, veniva posto davanti allo spettacolo raccapricciante della trasformazione con tutti i suoi particolari. Infine, scorrendo verso destra, scorgeva le espressioni drammatiche dei due personaggi, completando la sua immersione nella storia. Il marmo in questa composizione è lavorato con tanta maestria da assumere quasi la trasparenza dell’alabastro. Inoltre un distico alla base della statua riassume bene la metafora della vanità nell’inseguire la bellezza e dice:
«Chi amando insegue le gioie della bellezza fugace
riempie la mano di fronde e coglie bacche amare »

L’arte dApollo5i Bernini sapeva accontentare in pieno i gusti dei committenti e la spettacolarità dell’immagine tramite i molti particolari verosimili come la carne che si trasforma in legno o le dita che prendono la forma di sottilissime foglie è uno dei principi di base dell’estetica Barocca.

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Venezia e l’Italia padana nel XVI secolo

Giorgione

Tiziano

Correggio

A cura di Logli Giorgia, Lunardi Emma e Melani Alessia.

gruppo 2

Manierismo: Firenze e Roma

clicca sul link per vedere gli articoli sul manierismo a cura di: Galardini Alessandro, Rossi Sara, Comanducci Ilaria e Andreotti Simone

gruppo 3

Bernini a Roma – Barbiconi Giada

gruppo 4

Il Barocco

Accademia Carracci

Caravaggio 

Caravaggismo in Italia: La Famiglia Gentileschi

di Leonardo Giusti, Filippo Toninelli, Alessio Maggiolini, Lorenzo De Rosa.

gruppo 5

Manierismo e controriforma

L’architettura veneta

Palladio e le sue architetture

Le ville palladiane 

a cura di Alberto Venturi e Eleonora Pelucchini e Edoardo Cappelli

 

L’Accademia Carracci

Alla fine del Cinquecento in Italia settentrionale si manifestò una crisi del Manierismo e perciò molte città, tra le quali Bologna, adottarono nuove soluzioni artistiche. Questa esigenza di rinnovamento figurativo si ebbe in particolar modo in Ludovico Carracci fondatore nel 1582 insieme ai cugini, Agostino e Annibale, della prima scuola privata di pittura. Questa impegnava i suoi allievi in un’indagine attenta della realtà attraverso la sperimentazione con il disegno. Come già accennato i tre esponenti principali furono tre cugini: Ludovico, Agostino e Annibale.

Riguardo Ludovico (1555-1619) e Agostino (1557-1602) non abbiamo molte notizie, le fonti giunte fino a oggi mostrano come Ludovico volesse rappresentare sentimenti e emozioni nei personaggi da lui raffigurati come vediamo nella Madonna con il Bambino, i santi Francesco e Giuseppe e i committenti; Agostino invece era predisposto maggiormente per l’anatomia e l’arte dell’incisione e nella minuziosa indagine sui gesti dei personaggi, come è visibile nel suo dipinto più conosciuto: Comunione di San Gerolamo.

Dotato di un maggiore talento artistico invece Annibale (1560-1609) espresse in nuove forme gli antichi valori riguardanti la natura rinascimentale lasciando inizialmente Bologna per ampliare la sua cultura prendendo spunto dal colore e la luce di Tiziano e dalla semplicità compositiva di Raffaello. Nei primi dipinti riprende anche la tematica fiamminga della natura morta con un’analisi più appassionata della realtà sottolineando la fatica del lavoro e i soggetti umili come nella Bottega del macellaio o rappresentando temi religiosi in stretto rapporto con la fede, questo è visibile nell’ Assunzione della Vergine.

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Annibale Carracci, Volta della Galleria Farnese, 1597-1600, Roma

Nel 1595 il cardinale Odoardo Farnese membro della committenza romana e di una delle più ricche famiglie di Roma affidò ad Annibale la decorazione della galleria del palazzo della famiglia. Fu proprio sul soffitto a volta della Galleria che Annibale eseguì un affresco usando la tecnica del quadro riportato e quella della quadratura. Riportati centralmente ci sono tre quadri e il più famoso è il Trionfo di Bacco e Arianna nel quale si celebra l’eroina che aiutò Teseo a uscire dal labirinto e venne poi da questi abbandonata sull’isola di Nasso, dove fu vista e amata dal dio Bacco. Importante la ripresa delle suggestioni classiche e il parallelismo tra Arianna e Galatea in Raffaello.

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Annibale Carracci, Trionfo di Bacco e Arianna, Galleria Farnese, Roma

Le Origini del Barocco

Con la pace di Cateaù-Cambresis del 1559 la Spagna si assicuró il predominio in Italia, ponendo fine a una serie di sanguinose guerre contro la Francia. Tra il 1618 e il 1648 l’Europa fu dilaniata dalla guerra dei Trent’Anni che portò alla divisione del continente tra paesi cattolici e protestanti. In Francia si rafforzò il potere monarchico, in Inghilterra si affermó una monarchia costituzionale, mentre Spagna e Italia si trovavano in una condizione di estrema debolezza.

La pace di Westfalia sancì l’indipendenza delle Province Unite dalla Spagna. Nella penisola italiana, verso l’inizio del Seicento scoppiarono carestie, epidemie ed una crisi profonda economica.

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La frattura fra cristiano e luterani spinse la Chiesa verso un impegno maggiore nella diffusione del credo cattolico che si tradusse in una crescita degli ordini religiosi e nello sviluppo della committenza artistica. Esempio calzante è quello di Roma che, tra la fine del Cinquecento (con Sisto V) e la seconda metà del Seicento (con Alessandro VII),  fu trasformata ad maiorem Dei et Ecclesiae gloriam (“a maggior gloria di Dio e della Chiesa”) e si confermò nel ruolo di primario centro di diffusione artistico.

A fine Cinquecento, l’impostazione artistica prevalente fu quella manieristica: un linguaggio sofisticato rivolto a un popolo ristretto. L’Accademia dei Carracci e il Caravaggio si opposero al Manierismo, riavvicinandosi alla natura, convinti che l’imitazione del reale costituisse il fondamento dell’arte.

Dalle cerchia dei pittori di formazione carraccesca prese forma la nuova concezione barocca, caratterizzata da: dinamismo, variazioni di luce, effetti atmosferici e senso della profondità. Tra i massimi esponenti ricordiamo Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini.

Il termine Barocco deriva da due tradizioni: una francese e una italiana. Nella prima, con il termine baroque si indicava un tipo di perla irregolare, non sferica. Nella seconda, il termine descriveva un sillogismo formalmente corretto, che nascondeva però un difetto di ragionamento. Il Barocco finì, quindi, per rappresentare l’idea di artificio e stravaganza, la ricerca del bizzarro e dell’insolito.

Per questa generazione di artisti, la realtà si rivelò come uno spettacolo e il loro scopo divenne quello di avvicinare gli osservatori come un pubblico e, in secondo luogo, come fedeli. Tramite l’illusione, l’artificio mirabile e la pluralità degli assi visivi, la poetica barocca suggeriva puna seconda realtà. Il Barocco fu lo stile della Chiesa romana trionfante. Esso si avvalse di chiaroscuri decisi e suggestivi ed esaltò l’espressione scenografica dello spazio. Questa arte fu definita “civiltà dell’immagine” e della provocazione sensoriale, per comunicare valori religiosi ed istituzionali. L’arte barocca si diffuse in Francia, in Spagna ed in Italia a Milano, Genova, Bologna, Venezia, Firenze e Napoli.